allegroconbiro
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Le donne mie

Sono circondata da donne meravigliose.

Donne capaci, risolute, frivole, allegre, introspettive, romantiche, ciniche, troppo dure con se stesse o a tratti troppo indulgenti; donne che sanno accogliere e respingere, donne dei cinque continenti, donne deluse, donne pazze di gioia, di rabbia, d’amore.

Donne che sono madri, oppure no.

Donne che avrebbero voluto esserlo e ne soffrono, donne che sono zie meravigliose per Davide, donne che i bambini non li vogliono vedere nemmeno col binocolo e ingoiano ogni giorno il giudizio di questa società patriarcale e maschilista che le vorrebbe sottomesse angeli dei fornelli.

Donne guerriere, donne mansuete, donne in gamba, donne pigre, che però non devono darlo troppo a vedere.

Donne leggere come bolle di sapone, scoppiare in pieno volo e precipitare al suolo come gocce d’acqua, capaci di trasformarsi e adattarsi per nutrire e dissetare ancora.

Donne subissate dai sensi di colpa, donne capaci gettarsi tutto alle spalle, di cadere e rialzarsi e resistere ricacciando lacrime in gola, mostrando sorrisi spavaldi dietro cui celare i dolori più grandi.

Donne che sanno tendere una mano quando ne ho bisogno, e sanno usare la stessa mano per prendermi a schiaffi, metaforicamente per carità, per riscuotermi dalle mie ossessioni e dalle mie paure.

Donne che si chiudono in bagno a piangere per non dare la soddisfazione di mostrare le proprie debolezze al resto del mondo, ché noi donne si sa, siamo forti e solide come querce.

Conosco donne capaci di sciogliersi di fronte al sorriso di un figlio, la ricompensa di tutti i mali del mondo, perdere la pazienza un minuto dopo, e urlare senza motivo e annegare nei sensi di colpa subito dopo.

Donne che indossano un sorriso come un accessorio sbagliato, un paio di occhiali troppo grandi, un bracciale di cattivo gusto, un foulard di un colore troppo acceso per questa giornata di gennaio.

Donne che hanno visto un figlio partire e l’hanno sostenuto con la morte nel cuore, donne che un figlio l’hanno perso per sempre, donne che hanno perso un compagno, donne che se lo tengono, stringendo i denti, rinunciando a se stesse, perché è troppo tardi, per amore dei figli, perché va bene così.

Conosco donne con troppo mascara sugli occhi a celare sguardi pieni di verità, donne che abbinano l’ombretto al colore della t-shirt, donne sciatte che se ne fregano del giudizio della gente, donne distratte, donne che sorridono ad un messaggio inaspettato, donne che guardano fuori dal finestrino assorte, nel tragitto tra casa e lavoro.

Donne che hanno rinunciato ai propri sogni, donne che hanno avuto il coraggio di ripartire da zero, donne che ci sono riuscite e donne che invece no.

Conosco donne tradite e traditrici, donne che hanno saputo perdonare, donne che non sanno prendere una decisione, donne che senza decidere hanno già deciso tutto, donne incapaci di scegliere e donne che invece non hanno scelta, donne votate alla famiglia e donne ancora in cerca di se stesse.

Donne divenute madri dei propri genitori, dopo essere state figlie, che conoscono la fatica e l’amore di accudire un vecchio, e affrontano la morte con la stessa tenacia con cui hanno sempre affrontato la vita.

Conosco donne che hanno rinunciato a tutto pur di non perdere se stesse, donne che invece si sono perse: in un amore sbagliato, in un figlio in cui esaurire se stesse e le proprie aspettative, in una vita cui non si appartiene più, in una vecchiaia infinita di inverni senza primavere.

Donne appassite e rifiorite all’improvviso in un ultimo slancio vitale.

Donne con cui condivido lacrime e risate, donne con un senso dell’ironia sopraffino, donne che “questa sera ci concediamo un’uscita fra donne, solo noi, senza figli né mariti”. Che certe cose, si possono dire – e capire – solo fra donne.

Conosco la complicità fra donne, uno sguardo d’intesa, una mano sulla spalla al momento giusto, un “ce la faremo”.

Conosco donne spietate, arriviste, marce dentro, capaci di esistere solo in competizione con altre donne, talmente sporche da non essere più capaci di capire chi hanno davanti, il metro di giudizio e pregiudizio con cui prendere le misure per quella gonna troppo corta, quel tacco troppo alto, quel successo meritato che ti sarai guadagnata senz’altro con i mezzi più antichi del mondo.

Conosco l’invidia, tra donne, ma più di tutto conosco la solidarietà, la purezza d’intenti, gli abbracci sinceri, le risate senza tempo, le mani nel buio, gli sguardi complici, i messaggi di notte per sapere come stai, gli auguri di compleanno per primi, un regalo inaspettato pensato apposta per te, donato un giovedì sera, senza alcun motivo particolare.

E conosco le spalle su cui piangere, il rossetto giusto – e attenta che ce l’hai sui denti – e quello stronzo non vale il tuo dito mignolo, i giorni migliori che devono ancora arrivare, i bicchieri di vino al tramonto, le passeggiate di notte, i baci in fronte, le sigarette a metà, le battute taglienti, le poche smancerie, che mica c’è bisogno di dirselo in continuazione quanto ci amiamo se in fondo, ci siamo, sempre l’una per le altre.

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